Agli inizi forse ti sembrava semplicemente una persona impegnata, dedita al lavoro e responsabile. Nel tempo la domenica è iniziata ad essere il lunedì, dalle 9 in ufficio si è passati alle 6, dalla richiesta gentile di portare a termine un compito a un imperativo di precisione e terrore. Fino ad arrivare ad eliminare direttamente il confine tra lunedì e weekend, tra inizio e fine giornata di lavoro, le mansioni non sono più definite e sicure ma è più un assecondare le esigenze del tuo capo per garantirgli velocità e precisione.
Se nella vita ti è capitato di vivere in un contesto simile oppure attualmente, senti di essere alle prese con un capo con queste caratteristiche, probabilmente sai cosa significa workaholism. In questo articolo voglio presentarti le principali peculiarità delle persone workaholic e darti qualche consiglio per affronatarle al meglio. O per “affrontarti” al meglio, se il workaholic sei tu.
Cos’è il workaholism?
A tutti noi è successo di dover lavorare in modo più intenso in alcuni periodi della vita. Magari per recuperare del lavoro rimasto indietro, per incastrare progetti diversi e simultanei o per qualsiasi altro motivo. Quindi, le giornate si allungavano, la fatica aumentava, la vita privata era delegata ad attimi fuggenti -ndr-. Ci sentivamo stanchi, stufi di dover lavorare così tanto e consideravamo quei ritmi folli e da far rientare al più presto in una situazione di “normalità”. Ecco, questo non è da confondere con il workaholism. Può essere un rischio che ci espone a questa sindrome ma nulla di più. Infatti, il workaholic trae soddisfazione dal vivere per lavorare e lavora incessantemente anche quando potrebbe non farlo, prova piacere e dipendenza proprio come il drogato in procinto di farsi una dose.
La sindrome di workaholism è una forma di dipendenza comportamentale definita come tendenza a lavorare eccessivamente in modo compulsivo (Schaufeli et al., 2008). Sono due le componenti del workaholism: ✓ Componente comportamentale, lavorare eccessivamente (working execessively, WE), tendenza a dedicare una quantità ingente di tempo al lavoro senza avere la necessità di farlo; ✓ Componente cognitiva, lavorare compulsivamente (working compulsively, WC), tendenza a pensare costantemente al lavoro, anche nel tempo libero.
Come si diventa workaholic?
Sono molti i fattori che concorrono per dare vita a questa sindrome. Due importanti ricercatori, Liang e Chu, nel 2009 identificano tre principali categorie di fattori che interagendo tra loro influenzano la comparsa del workaholism:
✓ Tratti di personalità, in paticolare perfezionismo e coscienziosità; ✓ Fattori personali, come l’apprendimento di comportamenti nella famiglia di origine; ✓ Fattori organizzativi, come la competizione tra colleghi al lavoro. Nello specifico, per perfezionismo si intende la tendenza stabile a considerare inaccettabile tutto ciò che non è perfetto. In particolare, imporre standard elevati da rispettare nei confronti di se stessi e anche degli altri è stato dimostrato favorisca l’insorgere della sindrome. Questo tipo di propensione favorisce a sua volta il conflitto tra colleghi, il bisogno di approvazione e la ricerca di competizione.
Quali sono le conseguenze?
Le conseguenze del workaholism tra chi ne è afflitto e chi lavora con persone affillte possono essere le stesse. Tra le principali conseguenze si è registarto un aumento delle emozioni negative esperite sia sul posto di lavoro che a casa come ansia, rabbia, delusione e senso di colpa. I workaholic cercano costantemente di raggiungere standard di performance elevati, talvolta irraggiungibili, pertanto provano elevati livelli di emozioni negative. Un’altra importante conseguenza è il presenteismo, il recarsi a lavoro anche quando non ci si sente bene o si è malati. Comportamento tossico sia per la persona stessa, perchè peggiora lo stato di salute, sia per l’organizzazione perchè la performance in realtà cala quando si sta poco bene e, aumenta il rischio di prendersi più giorni di malattia in futuro. Altra conseguenza è elevato strain psico-fisico che può sfociare in burnout. Qui l’articolo sul burnout.
Le 3 fasi del workaholism
Solitamente la persona si avvicina a piccoli passi al workaholism, vediamo insieme le fasi principali che può attraversare.
Fase iniziale
Inizia a lavorare di nascosto, i pensieri sono spesso rivolti solo al lavoro. La sua giornata è interamente dedicata al lavoro, anche quando è a casa. Le relazioni iniziano a rovinarsi, sia quelle familiari sia quelle lavorative. Infatti, la tendenza della persona workaholic è di essere molto pretenziosa con i colleghi, molto rigida e allo stesso tempo da poca fiduica al lavoro dell’altro creando conflitti. In questa fase si possono iniziare ad evidenziare nervosismo, tristezza, mal di testa e mal di stomaco.
Fase critica
La dipendenza dal lavoro si manifesta proprio come in una dipendenza da droghe o alcol; si cercano scuse per lavorare anche nei giorni di riposo, non ci sono più limiti, ogni momento è buono per lavorare, non c’è più il piacere per il tipo di lavoro che si svolge. Il piacere è dato dall’atto di lavorare.
Tra i sintomi fisici principali c’è la pressione alta, che ha come conseguenza disturbi cardiaci; ulcera, gastriti, manifestazioni psicosomatoche. Tra i sintomi psichici si evidenzia in particolare ansia e depressione.
Fase cronica
Il workaholism è ben radicato, ormai è un automatismo incontrollato che invade totalmente la vita di chi ne è afflitto e di chi lo circonda. Presenteismo, conflitti con i colleghi, calo nella performance e job burnout sono i prinicpali elementi di questa fase.
Alcuni consigli per far fronte ad un capo workaholic
Ovviamente è tutto molto soggettivo, ci sono tanti fattori che entrano in gioco. Il tempo che sei nell’azienda, il tuo ruolo, il dialogo che hai con il capo, il sostegno o meno dei coleghi. Cercherò di darti alcune dritte applicabili al di là di queste caratterische oggettive del rapporto di lavoro.
Non sentirti in colpa.
Può capitare di non sentirsi all’altezza delle richieste esagerate del capo. La perdita del senso di efficacia oltre a portarti in uno stato di frustrazione può farti vivere il senso di colpa. Attenzione! Ascolta bene questo senso di colpa, non metterlo in un angolo. Cosa ti sta dicendo? E’ un campanello d’allarme che cerca di allontanarti dall’essere risucchiato a tua volta dal workaholism. Forse anche tu sei una persona coscienziosa e tendente al perfezionismo e ci tiene a svolgere bene il suo lavoro. Ma chi sta affrontando il mondo del lavoro in modo errato non sei tu, attenzione però a non iniziare.
Continua a poratre a termine i tuoi obiettivi professionali.
Se le richieste del tuo capo iniziano ad essere sempre maggiori e cominciano ad esulare dalla tua abituale mansione, prima di tutto fai quello per cui sei stato assunto. Fai l’ attività prevista dal tuo contratto di lavoro. Con serietà e puntualità. Perchè questo è quello per cui sei lì. Se il tuo capo ha bisogno di un aiuto per nuove attività te lo deve chiedere e non imporre.
Parla.
Mi rendo conto che non è semplice, il timore di perdere il lavoro e la reale possibilità che accada può frenare molti dialoghi. Però parlare non significa colpevolizzare il capo, aggredirlo, insultarlo. Parlare significa chiarie, domandare, spiegare. Se le nuove mansioni ti sono state imposte e non domandate, se continui a fare ciò per cui sei stato assunto, rispettando l’orario di lavoro previsto ma non basta, prova a parlarci insieme. Se vieni ripreso quando non dai priorità ai nuovi compiti a costo di lavorare incessantemente.. puoi parlarne. Puoi chiedere se questi nuovi compiti sono da considerare momentanei, un extra, o una nuova mansione da aggiungere alle tue solite. Puoi chiedere cosa vuole dal tuo lavoro, come vuole tu lavori. E puoi dire cosa ti senti di fare, spiegando le tue motivazioni.
Cerca nuove opportunità.
Se le cose non cambiano, la situazione è sempre più opprimente ma hai assolutamente bisogno di un’ entrata sicura mensile, puoi iniziare a guardarti intorno. Fai un buon curriculum (qui l’articolo), ricerca su internet offerte di lavoro, iscriviti alle agenzie per il lavoro. Prova a valutare nuove opportunità.
Ricordati che il lavoratore ha dei diritti, non sempre è immediato farli valere ma inizia col chiedere aiuto ad autorità con competenze adeguate e tutela il tuo valore.
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Grazie, Marti.
Materiale di approfondimento:
Schaufeli et al., 2008. Articolo scientifico su cos’è il Workaholism.
Liang & Chu, 2009. Articolo scientifico sugli antecedenti del workaholism.