Lavorare, al giorno d’oggi, può assumere diversi significati. Quello che possiamo affermare con sicurezza è che negli ultimi anni è sempre più diffuso parlare del benessere del lavoratore. Lavorare non è più solo un dovere ma è un dirtitto. E, lavorare “bene”, è un prerequisito essenziale per un’azienda di successo oltre che, per un lavoratore pienamente soddisfatto. Non è sempre così ovvio e semplice trovare realtà che davvero, mettano in atto una politica aziendale che tuteli il sogggetto lavoratore a 360 gradi. Devo dire però, che ci sono diverse aziende che in questa situazione di emergenza stanno mostrando grande solidarietà e responsabilità verso i loro dipendenti. Questo comportamento mi fa pensare che le aziende e i lavoratori stessi, siano sempre più aperti a comprendere l’importanza del valore relazionale all’interno del luogo di lavoro. Sia per desiderio sia per bisogno.
Cambiamento del mondo del lavoro
In atto c’è un cambiamento dei contenuti e del significato del lavoro. Sembra sempre più importante la dimensione etica, la qualità delle relazioni tra colleghi e datore di lavoro, misurate in termini di positività e collaborazione. E’ sempre più rilevante riuscire a far convergere obiettivi aziendali e impegno lavorativo sugli stessi valori. La fedeltà reciproca tra datore di lavoro e dipendente assume un ruolo centrale per il raggiungimento di un buon ambiente lavorativo. Inoltre, la crisi attuale sta ponendo al centro il learning by doing, cioè l’apprendere facendo. Lo smartworking obbligato ne è un esempio, piuttosto che la flessibilità nell’assumere temporaneamente altre funzioni in azienda. In questo panorama delicato, per tutelare il benessere psicosciale del lavoratore, è essenziale attuare una comunicazione aperta e sincera tra organizzazione e lavoratori. Infatti, ciò che lega le persone sul lavoro è sempre più la dimensione immateriale, intangibile, fatta di norme tacite e di relazioni, piuttosto che di prescrizioni e numeri.
Contratto giuridico
Siamo abituati a sentir parlare della contrattazione “classica” quindi ciò che stabilisce la dimensione materiale. Quindi, orari di lavoro, stipendio, ferie, sanzioni, incentivi e così via. E’ evidente però, che non esiste solo questo tipo di contratto. La dimensione umana, il rapporto tra datore di lavoro e dipendenti, il rapporto tra dipendenti, sono essenziali per un rapporto lavorativo efficace e soddisfacente. Spesso questi aspettti sono tralasciati, non vengono discussi chiaramente e si presentano sottoforma di norme di comportamento tacite quindi, non espresse.
Contratto psicologico
Il contratto psicologico è stato definito da Levinson e Collaboratori (1962) in questi termini: Insieme di aspettative reciproche e mutamente accettate tra organizzazione e lavoratori. Consiste quindi, nella percezione del lavoratore circa le aspettative che l’organizzazione ha nei suoi confronti. E lo stesso vale per l’organizzazione nei confronti dei lavoratori. Ad esempio, in qualche azienda, può esserci l’aspettativa che il lavoratore debba dare del lei al datore di lavoro e mantenga un certo distacco. Se questo non viene specificato al nuovo assunto e, viene dato per scontato, può accadere che l’ aspettativa non venga soddisfatta. Di conseguenza, si possono creare malumori che portano ad una catena di aspettative non espresse e, non appagate. Questo meccanismo può valere per tantissimi altri esempi. Anzi dimmi tu, ti sei mai trovato in situazioni di questo tipo? Dove la aspettative reciproche non erano ben chiare e questo stato di confusione ha creato spiacevoli equivoci?
Principali funzioni del contratto psicologico
Principalmente, sono due le funzioni primarie del contratto psicologico.
- Ridurre l’incertezza e aumentare il senso di apparteneza e sicurezza sul lavoro. Infatti, avere ben chiare le aspettative reciproche, gli obblighi reciproci, consente di agire con maggiore serenità. Vivere nell’incertezza e nel timore costante di comportarsi disattendendo le aspettative è deleterio. Sia per il benessere del lavoratore sia per il successo dell’azienda.
- E’ utile perchè fornisce un modello di comportamento. Infatti, se ben spiegato e chiaro ai lavoratori, sarà sufficiente osservare il comportamento altrui per comprendere il tipo di aspettative organizzative.
Un contratto psicologico è ben riuscito quando è bilanciato. Quindi, quando mantiene in equilibrio le richieste del lavoratore e i doveri dell’azienda con le richieste dell’azienda e i doveri del lavoratore. Questi significa che, se al lavoratore è richiesto impegno, fedeltà e motivazione, a sua volta l’azienda sarà chiamata a notare questi comprtamenti e valorizzarli dando altrettano impegno e fedeltà al dipendente. E lo stesso vale per l’azienda, se il lavoratore le chiede rispetto e comunicazione trasparente lui dovrà fare lo stesso.
Rottura e violazione del contratto psicologico
Il contratto psicologico può rompersi o può essere violato. La differenza è sottile ma determinante. Infatti, il contratto psicologico una volta rotto è molto difficile possa essere ricostituito invece, se violato, si è ancora in tempo per ristabilirlo. Nello specifico, con il termine rottura, si intende la constatazione da parte del lavoratore che l’organizzazione ha fallito nell’adempiere ad uno o più obblighi previsti nel contratto psicologico. Ad esempio, l’accordo di fare recuperare con giorni di ferie le ore lavorative svolte in più nel mese. Se questo accordo non viene rispettato e, il mancato adempimento avviene più volte durante il periodo di lavoro il contratto psicologico può romeprsi. Pertanto, il lavoratore sperimenta uno stato di ingiustizia e frustrazione tale da non prendere più in considerazione le aspettative dell’organizzazione. Può portare anche alle dimissioni spontanee.
Con il termine violazione invece, si intende un’esperienza prevalentemente di ordine affettivo caratterizzata da frustrazione, rabbia e risentimento. Queste emozioni negative sono la conseguenza del mancato rispetto da parte dell’organizzazione di una o più promesse o aspettative di ordine affettivo – relazionale. Ad esempio, il datore di lavoro che riprende un dipendente davanti a tutti i colleghi invece di farlo di privata sede, facendolo sentire umiliato. Il lavoratore inizierà a dubitare della fiducia riposta sul suo capo. E’ possibile però, ristabilare la fiducia e il rispetto reciproco se la situazione viene affrontata apertamente da ambo le parti.
Effetti del contratto psicologico
E’ stato dimostrato che un buon contratto psicologico tra lavoratori e organizzazione può favorire la prestazione lavorativa, il coinvolgimento nell’attività lavorativa e l’affidabilità del lavoratore. Allo stesso tempo, se non è presente un contratto psicologico chiaro e bilanciato, può registrarsi un calo nella performance, un minor coinvolgimento sul lavoro e maggiore assenteismo.
Attualmente, il mondo del lavoro sta subendo una trasformazione, aziende che si ridimensionano, ruoli che si invertono, che cambiano. Modalità lavorative nuove che portano con loro vantaggi e svantaggi. Per far si che questo processo sia il più efficace possibile è necessario capire e comunicare chiaramente quali sono le aspettative reciproche tra organizzazione e lavoratore. Aspettative di ordine affettivo e relazionale. Quindi, chiarire quanto è necessario essere presenti, quanto è necessario essere accondiscendenti, quanto è necessario essere disponibili ad accogliere opposizioni, momenti bui. E soprattutto chiarire la modalità con cui si ha intenzione di affrontare questo cambiamento mettendo in luce nuovi bisogni sia dell’organizzazione sia del lavoratore.
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