Chi di voi ha visto il film Forrest Gump alzi la mano -io, io, io, ioooo- ottimo. Adesso, se doveste raccontare a Pierino, un giovane ragazzo che non conosce il buon Forrest, come gli raccontereste chi è? Provate a farlo se vi va, mettete in pausa la lettura -poi riprendetela eh- e provate a spiegare a Pierino chi è Forrest.
Se io lo faccio racconto di un un uomo coraggioso, nato con disabilità intellettiva e motoria e che ha fatto di questo suo punto di partenza la sua forza e non il suo punto di arrivo. Racconto di una persona buffa, strana, bizzarra ma che mi piacerebbe avere intorno se solo esistesse veramente 😉
Cosa centra Forrest Gump con la comfort zone o zona di comfort? Vediamolo insieme.
Forrest Gump, il film
Forrest è un giovane uomo nato in Alabama, cresciuto dalla madre che lo ha sempre esortato a non accettare comportamenti vessatori solo perchè portatore di disabilità. Numerose volte citata dallo stesso Gump per la frase: La vita è come una scatola di cioccolatini, non sai mai quello che ti capita.
Nonostante i bulli della scuola, le difficoltà motorie per problemi posturali, Forrest arriva all’Università, ottiene la laurea e si fa riconoscere per la sua incredibile capacità di corsa e resistenza. Ama, intesse relazioni efficaci, affronta la guerra in Vietnam, perde amici, attua un progetto imprenditoriale fantastico e da coraggio a chiunque mostra fragilità.
Stupido è chi lo stupido fa. Ed è proprio vero caro Forrest. Ciò che ci distingue gli uni dagli altri sono le nostre azioni, quello che facciamo per non piegarci alla sofferenza, alla fatica, alla paura. E il nostro Gump è l’esempio perfetto di cosa significa allargare la propria zona di comfort, apprendere nuove competenze non arrendendosi all’inerzia.
Comfort zone
Veniamo a noi, sapete cos’è la zona di comfort? E’ un posto mentale e/o fisico in cui stai bene, ti senti sicuro, tranquillo, completamente privo di stress e ansia. E’ il tuo porto sicuro. E’ uno stato psicologico caratterizzato dalla familiarità e non dalla novità. E’ stabilità. Ad esempio, una delle cose che potrebbe rientrare nella comfort zone è prediligere il divano e una serie tv alla passeggiata o al gruppo di lettura. Scegliere sempre gli stessi colleghi per la pausa caffè. Segliere sempre di indossare le cuffiette in treno. Scegliere di non esporti. E così via..
La comfort zone non è negativa di per sè, serve per sedimentare competenze, per conoscere cosa ci può rasserenare quando ne abbiamo bisogno, per trovare stabilità e sicurezza quando la desideriamo… ma esistere solo nella propria zona di comfort non è sano. Questo non significa elimare la zona di comfort ma ampliarla di tanto in tanto. Con nuove routine, un nuovo hobby, una nuova persona a cui offrire un caffè, un nuovo impegno lavorativo e così via. Perchè? Lo vediamo qui sotto.
Zona di prestazione ottimale
A. White (2009) si riferisce alla zona di prestazione ottimale –optimal performance zone- come quello stato in cui bassi livelli di stress ci aiutano a migliorare le nostre performance. Infatti, qualche anno prima, lo psicologo Robert Yerkes mostrò come un certo livello di ansia, e quindi di stress, migliora le prestazioni. Oltre una certa soglia invece accade il contrario.
Noi apprendiamo e attuiamo in modo efficace quello che abbiamo appreso quando siamo stimolati. Per essere stimolati dobbiamo inserirci in nuovi contesti, cercare il nuovo, sentirci fragili, vulnerabili, privi di controllo. Dobbiamo sfidarci, metterci alla prova per provare quello stato di attivazione che ci scuote, ci fa sentire la necessità di dare di più, e ancor prima, di essere di più.
Attenzione però, non significa buttarsi a capofitto in novità che ci terrorizzano e paralizzano, ma gradualmente inserire delle novità.
Zona di panico
Se, agiamo in modo incauto, abbandoniamo la comfort zone tutto d’un tratto, gettandoci improvvisamente in un “nuovo modo di vivere” possiamo rimanere molto scottati. Infatti, come dicevo sopra, allargare la zona di comfort è un processo graduale che necessita di essere pensato a step e messo in atto a step.
Passare da bianco a nero tutto d’un fiato non è produttivo, è nel grigio, nelle sfumature di colore che troviamo beneficio. E’ necessario capire quali strumenti, competenze, possibilità possediamo e quali vogliamo acquisire. E’ essenziale pianificare come desideriamo attuare e ricercare nuove possibilità per non cadere in questa zona di panico, di pericolo. Il rischio, altrimenti, è di spaventarsi a tal punto da rifugiarsi nella comfort zone, annullando ogni pensiero orientanto al nuovo.
Fai come Forrest
Sì, penso che ognuno di noi debba e, soprattutto possa, fare come Forrest Gump. Correre veloce come il vento anche quando sembra che tutto sia fermo e poco sensibile al cambiamento. Mostrarsi strani e bizzarri e fare di questo la propria forza per leggere con ironia la vita. Essere consapevole che nella vita non sai mai quello che ti può capitare, ma nonostante questo provarci, andare oltre alle proprie sicurezze per crearne delle nuove. Perchè se ci pensi quello che oggi è una sicurezza un tempo era un rischio da prendere, una paura da affrontare (riferimento a quanto scrive Luca Mazzucchelli, trovi tutto nel materiale di approfondimento).
Creare e mantenere il contatto con il disagio provacato dall’uscire dalle proprie sicurezze, può essere tale da spingerci a tornare indietro a dire il famoso “Io non ce la faccio“. Ognuno di noi ha una soglia differente entro cui l’ansia e lo stress da produttivi diventano malsani, ascoltiamola, capiamo bene qual è il nostro livello limite, proteggiamoci dal panico ma salviamoci dall’abisso della paralisi dell’azione.
Non rimaniamo in una relazione tossica, non rimaniamo inermi davanti a vessazioni sul lavoro, non accontentiamoci di vivere a metà per paura di quello che può succedere. Agiamo e ancor prima pensiamo con consapevolezza, sintonizziamo la nostra vita con i nostri valori e spingiamoci un po’ oltre per vivere pienamente.
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Materiale per approfondire:
M. Brown,2008. Comfort Zone: Model or metaphor?
L.Mazzucchelli,2020. L’era del cuore. Come trovare il coraggio per essere felici. Firenze: Giunti.
Articolo: Tra il coraggio e la paura c’è la vulnerabilità
Grazie, Marti.